Il Pensiero Cattolico

18 Novembre 2024

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Don Nicola Bux:

«Il Papa non può rinunciare alla croce»

«Non si rispettano i non credenti nascondendo la propria identità. Omettendo di segnarsi davanti alla bara di Napolitano, Francesco ha perso l’occasione di mostrare la speranza cristiana»

Estratto dall'intervista sul quotidiano "La Verità" del 2 Ottobre 2023

Teologo, liturgista, stretto collaboratore di Joseph Ratzinger nella Congregazione per la dottrina della fede e in altri organismi vaticani, don Nicola Bux è stato amico personale di Benedetto XVI e, negli ultimi anni, non si è mai tirato indietro quando si trattava di manifestare le proprie perplessità dinanzi alle scelte di papa Francesco. Parla con la massima franchezza anche stavolta, dopo l’ennesimo comportamento bizzarro di Jorge Mario Bergoglio. Il quale, durante la visita alla camera ardente laica di Giorgio Napolitano, non si è fatto il segno della croce.

 Don Bux, molti cattolici si sono detti disorientati. Lei è rimasto impressionato?

 «Conoscendo il background ideologico del Papa, no. Il disorientamento dei cattolici ben formati è dovuto al fatto che, proprio lui che professa un cristianesimo sociopatico, lo ha omesso dinanzi a un evento umanissimo come la morte».

Una contraddizione?

«Dove vanno a finire i proclami di fratellanza universale, se questa non è espressa col segno che, unico, è in grado di abbracciare “tutti, proprio tutti”: la croce di Gesù Cristo? Risuonano severe le sue parole: chi non mi avrà riconosciuto davanti agli uomini, io non lo riconoscerò davanti al Padre mio».

 Cristo che rimprovera il Papa?

«Il Papa ha perso un’altra occasione: mostrare la differenza tra disperazione pagana e speranza cristiana, tra celebrazione dei meriti e preghiera di suffragio».

Provo a riformulare l’obiezione laica: se il feretro che abbiamo davanti è quello di una persona non credente, che senso ha segnarsi?

«La “Dio – incidenza” ha voluto che a poca distanza lasciassero questo mondo tre persone: Gianni Vattimo, Giorgio Napolitano, Matteo Messina Denaro. È proprio vero che la morte è una “livella”».

Già, ma dove vuole arrivare?

 «Si deve ritenere che i cosiddetti laici, se sono liberali o democratici, ci tengano alla propria identità o coerenza, come a quella di ogni altro, e dovrebbero lottare per la libertà altrui».

Quindi?

«Quindi, il cattolico, se vuole essere coerente, non dovrebbe nascondere la propria, umilmente manifestandola col segno che lo contraddistingue. Infine, il funerale è un sacramentale, qualcosa che assomiglia a un sacramento ma non lo è».

 Che vuol dire?

 «Esso non consegue ciò che significa, ma solo lo auspica; nel caso del defunto, la salvezza dell’anima. Accade che si conceda ad oves et boves il funerale religioso, anche a chi era vissuto in situazione manifesta di peccato, e poi ci si presenti alle esequie laiche di chi ha apostatato dalla fede e addirittura militato contro di essa. Nessun cristiano, nemmeno un Papa, può beatificare anzitempo un morto, perché la Chiesa non è competente sul giudizio eterno di Dio, a meno che questi non mandi un segnale con un miracolo».

 Il Papa si è espresso tante volte contro il clericalismo. La manifestazione pubblica della fede cattolica dovrebbe rientrare in queste forme di bigottismo?

«Bella domanda. Bergoglio già in Argentina ha biasimato – sue parole – la “dogana pastorale”, sdoganando invece tante pratiche devote e pubbliche, cattoliche e non – come farsi imporre le mani da sciamani e pastori protestanti – che noi bolleremmo di bigottismo. Ma cos’è il clericalismo?».

Il punto è questo: equivale all’atteggiamento dei «baciapile»?

«Un tempo sembrava fosse l’affermazione intransigente delle prerogative di una casta: il clero, termine oggi aborrito dai chierici mainstream! Eppure corrisponde a qualsiasi Ordine sociale: medici, giornalisti, e quindi ecco l’Ordine sacro che abbraccia vescovi, sacerdoti e diaconi, a parte gli ordini minori e i ministeri».

Tirando le somme?

 «Il Papa individua nel clericalismo la causa della pedofilia tra i preti».

Ah.

«In verità intende colpire con esso proprio l’appartenenza al clero, che volentieri eliminerebbe (vedasi l’odio verso la talare) in favore di una identità fluida, che porta il prete ad assomigliare al laico, e poi il laico a prenderne il posto».

Fluidità pure nella Chiesa… Quella cosiddetta «in uscita», promossa da Francesco, sta attirando più fedeli?

«Il sondaggio di Euromedia Research pubblicato dalla rivista Il Timone nel numero di luglio/agosto scorso, col 13,8% di praticanti della messa domenicale, lo smentisce. E non solo in Italia ma in Europa. In America Latina addirittura scende sotto il 60%. Invece l’Asia e l’Africa sono in controtendenza, perché la Chiesa è in missione, ovvero “in uscita” nel senso che va a far conoscere il Vangelo e quindi a fare sano proselitismo, come si è fatto dagli Apostoli fin qui».

 Dunque, anziché essere attrattiva, questa Chiesa è repulsiva?

«Mi pare che la “Chiesa in uscita” postuli una liquefazione o autodemolizione della Chiesa, come diceva Paolo VI. Con questo Pontificato, poi, si è indebolito il legame tra pastori e fedeli».

 Sempre più spesso assistiamo a casi di rimozione dei simboli religiosi, come i presepi, o di grottesca abolizione dei canti di Natale. Così diventiamo più inclusivi? O il fatto è che i cattolici ormai si vergognano della loro fede?

«La componente di rispetto umano o vergogna della propria fede, in tali situazioni, è proporzionale all’annacquamento dell’identità cristiana in singoli e gruppi. Si postula una Chiesa senza porte, in contraddizione con la sua struttura sacramentale che richiede l’iniziazione, cioè un itinerario di fede attraverso i sacramenti. Gli ostiari nell’antichità erano proprio a guardia delle porte».

Esiste, a suo avviso, una forma di persecuzione nei confronti del cristianesimo, in Occidente? In Francia sono diventati piuttosto frequenti persino i roghi di chiese…

«Il cristianesimo è la religione più perseguitata, dalla persecuzione più aperta alla più sottile, secondo l’ultimo Rapporto dell’Associazione Aiuto alla Chiesa che soffre. Non c’è da stupirsi: “Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. La ragione? L’affermazione della verità su Dio, sull’uomo e sul mondo».

E in un mondo così ostile a Cristo, a un cattolico è permesso «nascondersi»? Dissimulare il suo credo, per evitare di subire attacchi e discriminazioni?

«Evidentemente no. Pur essendo comprensibile l’esigenza di sottrarsi alla persecuzione, il cristiano sa che questa è il suo statuto ordinario, come insegna la storia della Chiesa. Forse più che della teologia della liberazione c’è bisogno della “teologia della persecuzione”, se non fosse che questa è inclusa nella teologia della Croce, che è una scienza, come attesta Edith Stein, ovvero Santa Teresa Benedetta della Croce, vittima di Auschwitz».

Secondo lei, è vero che i musulmani vogliono che noi annacquiamo le nostre radici religiose per il bene dell’integrazione?

«Anni fa, alcune centrali islamiche ammonivano gli europei: con le vostre leggi vi invaderemo, con le nostre vi sottometteremo. Ora, almeno in Europa, le cose non sembrano marciare proprio così».

Cosa accade?

«Si intravedono segnali, da un lato, di riscossa dei cristiani e, dall’altro, di arretramento o adeguamento dei musulmani all’European way of life, che porta all’annacquamento della loro identità, salvo quando scatta il “richiamo della foresta” in occasione di manifestazioni estremistiche. Ci sarebbe un trend che vede aumentare le famiglie cristiane numerose, per cui l’inversione di tendenza è possibile alla metà di questo secolo, secondo il sociologo inglese Eric Kaufmann…».

Scenario ottimistico. E a proposito di segnali, la Lega ha avanzato una proposta di legge per rendere obbligatoria l’esposizione del crocifisso in scuole e uffici. Pena, una multa fino a 1.000 euro. Va bene la riscossa cristiana, ma non si rischia di scadere nell’esagerazione opposta?

«Quando il crocifisso fu reso obbligatorio nei luoghi pubblici, un secolo fa, la società italiana era formalmente cristiana. Ritengo invece urgente per la Chiesa riprendere la missione di annuncio del Vangelo in tutti gli ambienti di vita, il catechismo ben fatto per i piccoli e i giovani, la formazione degli adulti al pensiero cattolico, la presenza viva nella società e nella politica. Solo allora il crocifisso sarà spontaneamente collocato dovunque, come segno di vittoria dell’amore sul male e sulla morte. Ma, prima, deve radicarsi nel cuore di chi crede in Cristo».

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