Il Pensiero Cattolico

18 Novembre 2024

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Mario Mascia

Malessere sociale e prospettiva risolutiva

La configurazione della società attuale sotto il profilo della salute evidenzia uno stato di malessere che pone interrogativi sulla stabilità del benessere sociale. I dati statistici offrono un quadro inquietante. L’indagine sulla salute mentale e il benessere promossa da gruppo AXA condotta da IPSOS su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi nel 2022, rivela quanto segue.

“L’Italia è il Paese la cui popolazione è più colpita sul fronte della salute mentale: solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%). Come noi solo i giapponesi. È lo stress il disturbo mentale più diffuso a livello globale, in Italia è avvertito dal 56% del campione. Il 48% degli italiani si sente solo, il dato peggiore in Europa, mentre incidono sullo stato di salute mentale anche l’impatto negativo della guerra, avvertito dal 52% del campione e l’impatto degli effetti negativi del cambiamento climatico (43%, terzi in Europa). Il disagio mentale è inversamente proporzionale all’età e i giovani risultano i soggetti più a rischio. Pesano l’incertezza sul futuro, la solitudine e l’immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico. Per il 38% dei giovani, inoltre, tecnologia e social media hanno un impatto negativo sul proprio benessere mentale. Tra questi, solo 1 giovane su 12 riporta uno stato di benessere mentale pieno. Il quadro si riflette anche sulla percezione del benessere nel luogo di lavoro. L’indagine indaga infatti anche il legame tra il benessere mentale generale e il benessere percepito sul luogo di lavoro inteso come capacità di sentirsi gratificati, concentrati, produttivi e focalizzati sugli obiettivi professionali. La continua insicurezza, sociale ed economica, lo stilo di vita sempre più stressante ed esigente, la pretesa di una ostentazione estetica, porta molti individui a sviluppare sempre maggiori forme di malessere”.
Pertanto, è innegabile che lo stress può essere un prezzo determinante per l’affermazione personale in termini economici e sociali prevalentemente riconducibile ad una pressante propaganda perpetuata incisivamente nella prassi quotidiana attraverso i media.
“Nel quadro esteso del malessere la depressione è il disturbo mentale più diffuso: si stima che in Italia superino i 2,8 milioni (5,4% delle persone di 15 anni e più) coloro che ne hanno sofferto nel corso del 2015 e siano 1,3 milioni (2,5%)”.
Tra i mali che affliggono la società la depressione assume una certa rilevanza.
La radice del malessere che incide sulla salute fisica e mentale delle persone di ogni classe sociale e di età andrebbe ricercata sui principi che governano il modello di vita sociale e personale.
Una rappresentazione interiore del “male oscuro” è la sensazione di vuoto che non ha un termine definito, si presenta sotto forma di annientamento e nichilismo che va ricercata nella perdita di un’identità definita, basata invece sulla ricerca di una sintonia sulla definizione di realtà esterne; pertanto, vige la tendenza a cogliere segnali dagli altri per assimilare una esperienza alla ricerca del proprio modo di essere. La ricerca della identità e rivolta alla adesione di modelli esterni al proprio essere.
La percezione di noi stessi è definita su contesti o personaggi rilevanti. Pertanto, la ricerca di identità avviene attraverso l’altro, “ma in termini di adesione alle aspettative o ai contesti che diventano, dunque, definenti per l’interiorità” Tale analisi viene enunciata da Anna Chiara Valle (giornalista, scrittrice e blogger) che deduce “Nel momento in cui si perdono dei punti esterni che danno definizione, l’identità del sé è percepita come vuota. E il vuoto viene vissuto in termini angoscianti”.
Il drama del male oscuro viene citato da Vittorio Andreoli nel libro “I segreti della mente” con la seguente espressione: “La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione.”
Il male oscuro è l’esito di una spirale nefasta che priva della possibilità percepire il mondo interiore con lucidità al limite della perdita della libertà, ne deriva che lo smarrimento della percezione di sé stessi può prorompere gradualmente nella schiavitù dell’inerzia e dell’apatia abbandonando i ritmi di una vita attiva e consapevole.
Sorge l’interrogativo sul passo da compiere per incedere sul percorso di una liberazione dalla cappa della schiavitù inconsapevolmente procurata. Il recupero della percezione di sé stessi richiede l’umiltà di riconoscere le proprie miserie e i propri limiti pur riscoprendo lo spirito critico sulle cause che hanno soggiogato la mente alla seduzione di falsi idoli rei di un mondo illusorio, pagando il prezzo di dolorose delusioni.
Una reazione alla sofferenza può manifestarsi sotto forma di ribellione senza mai risolvere il problema ma aggiungendo male al male. Alla ribellione può tenere dietro la rassegnazione definibile come una virtù filosofica non una virtù cristiana essendo priva di speranza. L’atteggiamento aperto alla speranza è la disposizione interiore dell’assenso pronunciando “si” a una realtà percepita inizialmente come tragicamente negativa per intravedere un barlume di speranza.
Nonostante le manchevolezze deve sussistere la certezza di essere amati da Dio. Nel pronunciare l’assenso a una realtà deludente vige la certezza che l’amore è tanto potente di opere da trarre profitto da tutto, dal bene e dal male. Nell’atto dell’assenso è presente la fede in Dio accompagnata dalla speranza e della carità in una dimensione di fecondità.
In definitiva la condizione umana esaltante è quella di riscoprire il valore autentico della libertà in un rapporto assiduo e costante col Padre celeste nella preghiera.
Maria Vita Romeo professoressa ordinaria di filosofia morale del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Università degli Studi di Catania in una disamina dell’esperienza di Pascal riferisce che all’interno della tradizione medico filosofica del XVII secolo, la malattia è l’occasione per parlare con Dio e per presentare agli uomini una via di conversione mediante l’uso corretto del male fisico. Pascal essendo più attento alla malattia dell’anima che a quella del corpo, la salute che viene dalla grazia è guarigione dal peccato e salvezza dell’anima.
Pascal esprimendo il vero senso della preghiera rivela il senso ultimo della malattia descrivendo i mali del corpo come l’immagine dei mali dell’anima. La salute è considerata una malattia che porta l’illusione di stare nel benessere rendendo le persone insensibili alla condizione di miseria. La malattia è presentata, dunque, come uno strumento di salvezza, un aiuto divino che accorre verso coloro i quali, senza questo soccorso, resterebbero con il cuore indurito “nell’uso edonistico e criminale del mondo” Dio, inviando la malattia manifesta la sua misericordia, come un giorno invierà la morte per esercitare la sua giustizia.
La malattia diventa così una espiazione e al contempo una preparazione al giorno del giudizio.

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