Il Pensiero Cattolico

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Don Nicola Bux

Apporto alla Tavola VI - LA CHIESA E IL POPOLO CRISTIANO NELL’ERA POST-CRISTIANA

Assisi, 27 ottobre 2024

Ai vertici nella Chiesa si sono insediati chierici per i quali Cristo è solo una scusa per parlare d’altro: una “Chiesa al contrario” di quella che il Signore ha voluto. Siamo giunti al punto che i nuovi vescovi, insediati nelle diocesi, demoliscono ciò che hanno fatto i predecessori.  E’ cominciato con gli anni ’60, quando “la teologia visse dei mutamenti esplosivi, con la nascita di prospettive radicalmente nuove” che tentarono di entrare in osmosi col Concilio Vaticano II (S.Fontana, Il Concilio restituito alla Chiesa, La Fontana di Siloe, Torino 2013, p.97). Le utopie sono entrate nel Magistero, fino a diventare norme morali, ossia eresie (cfr. Benedetto XVI, “Appunti” dell’11 aprile 2019). Non temiamo. Nella parabola del grano e del loglio (Mt 13,24-30), Gesù ha avvertito: “un nemico ha fatto questo”, ha seminato e semina la zizzania. Egli permette che ciò accada, provocandoci a reagire. In proposito, è sul web la stupenda conferenza del cardinal Giacomo Biffi al Meeting di Rimini del 1989: è la diagnosi della permanente situazione della Chiesa. 


Ettore Gotti Tedeschi mi ha chiesto: Cosa succede quando il cristianesimo non è più vissuto? Rispondo: ciò che è accaduto varie volte in duemila anni – si pensi alla scomparsa delle prime chiese cristiane in Asia Minore e in Africa del Nord dopo l’invasione islamica e a quanto accade oggi in Europa e in Nord America –: ma la fede della Rivelazione di Cristo e la sua Grazia nei Sacramenti hanno fatto crollare gli imperi, sempre di nuovo, in ogni tempo. Il cristianesimo non scomparirà perché il cristianesimo è Cristo! E’ sempre la fede che genera la vita. E riprende la natalità, come sta accadendo in tante famiglie cattoliche in Inghilterra e in Francia e altre nazioni della vecchia Europa. La verità da evangelizzare è Gesù Cristo: la realtà è Lui. E’ la Luce nelle nostre mani, che dissipa le tenebre persino di un discorso come quello fatto da papa Francesco a Singapore.<

Oggi è necessario convergere tra cattolici amanti della vita: come ha richiamato il prof.Massimo Gandolfini. Il Signore ha pregato affinché siamo una sola cosa perché il mondo veda e creda. Dobbiamo sconfiggere il demone del protagonismo e gioire della ricchezza che c’è fra noi. Siamo dinanzi a un fatto: le “Tavole di Assisi”, ideate dal carisma di Simone Pillon, insieme a persone ispirate e militanti come Toni Brandi e Jacopo Coghe di Pro vita e famiglia, invitano a fare tutto il possibile per non frapporre ostacoli ai disegni di Dio, come diceva Giovanni Paolo II. Cosa potremmo fare da soli? Nonostante la confusione nella Chiesa attuale, sono sorte molteplici aggregazioni. Perché nessuno da solo riesce a fronteggiare il nemico che semina la zizzania.

Come Francesco, vir catholicus et totus apostolicus, siamo chiamati ad amare la Chiesa e a restare uniti in essa come membra del corpo di Cristo: non dividiamoci, appropriamoci dello slogan dei cattolici dissidenti austriaci: “Noi siamo Chiesa”. Sì, noi siamo battezzati, apparteniamo al Corpo di Cristo. Non possiamo andar via. Vogliamo andar via da noi stessi? Non erigiamoci pulpiti virtuali, accontentandoci dei followers: non siamo influencer effimeri ma educatori permanenti.

Le caratteristiche del pensiero di cui oggi c’è bisogno, le ha richiamate Francesco Borgonovo: forte e divisivo. Esso si radica nel Logos, cioè nella Ratio, nel Verbo eterno che si è fatto carne e abita tra noi. La parabola spiegata dal cardinal Biffi, è la diagnosi e a un tempo la terapia di quella che è sempre la situazione della Chiesa: essa non sarà mai in pace, perché Gesù è venuto a portare la spada, a mettere figlio contro padre…. Osserva Benedetto XVI: “Qui sorge però la grande domanda…ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio… ora noi conosciamo il suo volto, ora noi possiamo invocarlo. Ora noi conosciamo la strada che, come uomini, dobbiamo prendere in questo mondo. Gesù ha portato Dio e con Lui la verità sul nostro destino e la nostra provenienza: la fede, la speranza e l’amore. Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco…I regni del mondo…sono tutti crollati. La loro gloria…si è dimostrata apparenza. Ma la gloria di Cristo, la gloria umile e disposta a soffrire, la gloria del suo amore non è tramontata e non tramonta” (Gesù di Nazareth, LEV/Rizzoli, Milano 2007, p 67-68).

Egli è venuto a portare la spada – ama sottolineare Vittorio Messori –quella spada a doppio taglio che è la Parola divina, che innerva il pensiero cattolico, necessariamente divisivo, i cristiani sono divisivi, il Vangelo è divisivo, se si vuole la conversione dell’uomo.

“Il peccato dell’uomo di oggi è il peccato contro Dio creatore”, disse Benedetto XVI. Questo dobbiamo riaffermarlo: è il peccato originale che condiziona l’uomo e la natura, ancora oggi, come Gnosi, conoscenza che nega il Logos, la vera conoscenza del Dio fatto carne. Bisogna annunciare Cristo a chi non lo conosce. La Chiesa lo ha fatto con i barbari dell’Europa, con gli indigeni dell’Africa e dell’America: oggi dovrebbe farlo con i migranti: questa è la vera accoglienza, non appena dare un pasto e un vestito.

Dobbiamo portare Dio nel mondo, perché l’uomo ha bisogno di Dio. Senza Dio l’uomo è perduto, dannato. Questa è l’urgenza del mondo, la sua povertà, disse Madre Teresa. E come portiamo Dio? Con l’evangelizzazione. La Chiesa deve educare la coscienza dell’uomo, affrontare la debolezza degli adolescenti odierni che non si fidano, tornando a proporre la vita morale, la purezza e la castità, insegnare la dottrina come la Chiesa ha sempre fatto e non fa più da decenni. La Chiesa deve insegnare la verità: Gesù Cristo è la Vita, è la Verità! Osserva sant’Agostino: egli ha detto di essere anche la Via per arrivarci. Egli è quindi il “metodo”, in greco, la via da percorrere: è stato ‘divisivo’ perché ha portato la spada, la divisione: Sì, sì. No, no. Seguendolo, faremo la verità e difenderemo la vita. Dopo viene la pace.

Così si configura la civiltà della verità e dell’amore, la comunione che fa scuola, insisteva Giovanni Paolo II. Pur diversi tra noi, dobbiamo convergere. Vogliamo consolidare le battaglie che facciamo, le parole che diciamo? Portiamo Dio. La politica, se osserva il primato di Dio diventa forma di carità, altrimenti le sue battaglie saranno effimere. Perciò va ripreso il Family Day. Tutto quanto facciamo è per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, non per l’affermazione di noi stessi.

Il primato di Dio significa la Grazia – parola negletta tra gli ecclesiastici – la forza, il dono della vita divina che opera, come abbiamo ascoltato nelle testimonianze di Luca Hein col fenomeno crescente dei detransitioners e di Dean Gregory, padre del piccolo Indi, che ha voluto battezzare. Perché la battaglia è soprattutto spirituale. In primis dobbiamo evangelizzare la Parola e i Sacramenti della Fede. Siamo nel pieno della crisi della Fede, come aveva ben compreso Benedetto XVI.

 “Convertitevi e credete al Vangelo”, è la parola essenziale di Cristo, da cui viene la forza – la vir-tù a cui accennava Borgonovo – che è nel Vangelo, che è il Vangelo. San Paolo afferma: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). Una forza che viene dall’alto: lo Spirito Santo, che insegna tutta la verità di Cristo – la vera novità dello Spirito – non fa da megafono alle analisi sociologiche e psicologiche penetrate dal mondo nella Chiesa: chi le sposa, domani rimane vedovo. No. La forza del Vangelo conferisce le virtù e ridona la salvezza, mette in fuga i demoni e apre le porte del Cielo. “Resistete forti nella fede” (1 Pt 5,9) esorta Pietro, il primo papa, permanendo nella verità di Cristo, sull’esempio dei Cardinali dei Dubia. Affidiamoci alla Santa Madre di Dio, con la preghiera del Card.Raymond Leo Burke in preparazione alla festa di Nostra Signora di Guadalupe, patrona delle Americhe, il 12 dicembre.

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