Mario Mascia
Genitorialità e figliolanza
La figura materna riveste un ruolo fondamentale per l’identità dell’essere umano. Nella concezione comune la madre viene percepita come soggetto da cui dipende un rapporto genitoriale, di appartenenza ed un rapporto educativo.
L’aspetto conoscitivo della figura materna va oltre i limiti di tale percezione in quanto ogni individuo porta in sé un segno indelebile della propria personalità.
La conoscenza per essere esaustiva deve rivelare il fondamento finora acquisito nell’avanzamento degli studi in diverse discipline: la scienza biologica, genetica, pedagogica, la psicologia).
La genetica spiega che nella fase di fecondazione si forma il patrimonio genetico dell’embrione, a cui vengono forniti 46 cromosomi, 23 coppie corrispondenti. Questa combinazione è unica e irripetibile determinando l’eredità del patrimonio genetico.
L’apporto di questo patrimonio è così determinante che la deprivazione materna e il mancato accudimento determina nel bambino un disadattamento sociale, che inserito in una diagnosi pedagogica si distingue in alcune forme di disadattamento, oggetto di studio e attenzione nelle forme di disturbo fisico, mentale e, appunto, sociale, suddivisi, questi ultimi, in caratteriali, che hanno difficoltà di adattamento alla vita familiare fino allo scadimento in delinquere.
Nell’aspetto pedagogico madre e bambino presentano un ruolo attivo nella relazione verso una costante ricerca di interazione, particolarmente nelle prime fasi di sviluppo. Tale interazione è molto importante, in quanto influenza lo sviluppo affettivo, cognitivo e la maturazione della personalità del bambino.
Nell’aspetto psicologico la madre si manifesta non solamente come generatrice biologica, ma soprattutto nella sua funzione simbolica, essendo investita nella sua umanità come la prima soccorritrice, colei che recepisce le prime urla del bambino, la madre è dunque propriamente accoglienza.
Se la natura porta in sé quell’impronta indelebile e misteriosa del volto materno nell’individuo è tale da rendere ineludibile il principio essenziale della personalità nell’aspetto psichico, comportamentale e spirituale.
Pur nella sua essenzialità la figura materna dà il suo apporto nell’unicità della persona generata così come voluta dal Creatore.
Quindi l’individuo fin dal suo concepimento riceve quei messaggi, stimoli, sensazioni che nelle circostanze della vita sono distinte e irripetibili per ciascun essere umano.
Il rapporto parentale, nell’ambito familiare, pur nella specifica unicità, accomuna i suoi componenti in una identità formata di segni simbolici, di linguaggio, di regole di convivenza che rendono vivo il carattere di una comunità.
Cosa è presente in questo rapporto di dipendenza, di unicità e di comunione se non riconoscersi creature volute amate per rendere vivo il vincolo di figliolanza e il legame di fratellanza.
Nella figura materna è inscritto il fine del generare nel rispetto di un piano spirituale del creatore che rispecchia la sua stessa natura.
L’esempio virtuoso ed eclatante di madre è rappresentato da Santa Monica di cui Sant’Agostino, nel capolavoro delle “Confessioni” rivolgendosi a Dio così si esprime
«Amava la mia presenza al suo fianco come tutte le madri, ma molto più di molte madri, e non immaginava quante gioie invece le avresti procurato con la mia assenza».
La madre di sant’Agostino diventerà santa per la costanza e l’amore con cui riuscirà a ricondurre alla fede cristiana quel ragazzo tanto intelligente quanto scapestrato. Di Santa Monica, come modello di madre premurosa e caparbia, sono note le sue virtù.
Il modello più virtuoso ed eccelso è presente nella figura materna in Maria che racchiude tutti i carismi di perfezione materna voluti dal Padre nel disegno salvifico in un misterioso rapporto di dipendenza e figliolanza di cui si fa carico la maternità assunta nell’incarnazione di Gesù primogenito di una nuova umanità.
Nel rispetto della natura, in cui è inscritta la funzione della generazione, la causa di un genere umano riscattato dalla caduta originaria viene rispettata in una umanità redenta.
Questo rapporto indissolubile era stato concepito originariamente nella nascita della Chiesa.
Pertanto, all’origine della nuova umanità risiede una nuova generazione nel piano salvifico di un nuovo concepimento, che esclude qualunque semplificazione simbolica.
La missione genitoriale affidata dal Padre a Maria assume un profondo significato sia sotto il profilo personale che comunitario.
Dal catechismo della Chiesa cattolica (parte prima, sezione seconda, capitolo terzo, seconda sezione, paragrafo 6) si evince che Maria è madre delle membra di Cristo avendo operato con la carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, i quali sono membra del Capo.
La missione materna di Maria risale alle origini della Chiesta che assume un
significato sostanziale al titolo a Lei affidato.
Questo titolo è riconosciuto fin dalle origini essendo evidenti nel Vangelo di
Giovanni (19,26-27) che vede Maria ai piedi della Croce in cui Cristo le affida il
discepolo prediletto con queste parole. «Donna, ecco tuo figlio!». E a lui dice: «Ecco
tua madre!».
La volontà del Signore si è manifestata in Maria che prendesse cura di ogni suo
discepolo come madre e ha chiesto che tutti i discepoli nutrissero un legame filiale
con Maria. Ella inizia la sua missione materna già nel Cenacolo, quando prega con gli
Apostoli in attesa dello Spirito Santo (At 1,14). La Chiesa della Pentecoste, animata
dallo Spirito del Risorto, cammina nel tempo sotto la premurosa guida materna di
Maria.
Il rapporto filiale del popolo cristiano verso Maria si è consolidato nel tempo
giungendo ad assumere un riconoscimento ufficiale nella “Lumen gentium” che ha
integrato il mistero della maternità di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa.