Il Pensiero Cattolico

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Fabio Mirino

Recensione del libro di Don Nicola Bux e Guido Vignelli: "La Chiesa sinodale"

La Chiesa sinodale. Malintesi e pericoli di un “grande reset” ecclesiastico scritto nella prima parte da Don Nicola Bux e nella seconda da Guido Vignelli, edito da Fede & Cultura, è un testo che pone, al centro del panorama ecclesiastico attuale, la questione della sinodalità, e lo fa con quello spirito critico tipico di chi alle parole dona un peso, di chi sa che la parola ha una forza illocutoria e perlocutoria, come ha ben detto il giurista-filosofo J.W. Austin.

La prima parte del testo si articola in un excursus dogmatico, con qualche accenno storico, mentre la seconda parte è più storica con dei riferimenti inziali dogmatici che fungono da cerniera con la prima parte del testo. Chi scrive è un presbitero ed un laico, come ad indicare che la sinodalità è un camminare insieme, ma senza stravolgere i ruoli, in quanto la Chiesa è gerarchica e non sinodale. Per tal motivo il contributo del prof. Vignelli è ancorato e segue quello di don Nicola Bux, confermando i dati dottrinali espressi da quest’ultimo.
Se la sinodalità vuole essere una proposta che ha come obiettivo quello di ribaltare una visione di Chiesa gerarchica, ci si chiede, dice don N. Bux, in che modo possa essere questa una garanzia per la missione della Chiesa, che è quella di suscitare la fede e di guidare il popolo di Dio verso l’incontro definitivo con Cristo. Se la Chiesa, come afferma Lumen gentium 18, ha il compito di insegnare, santificare e governare, come può farlo se non vi sarà più alcuno designato a farlo? Se non vi sarà più distinzione tra docenti e discenti? Tra pastori e pecore? Babele fu proprio questo: assenza di gerarchia: non vi erano progettisti e architetti, capi cantiere e capi squadra, ma un cumulo di uomini orgogliosi e abili, che amavano il fai da te. La gerarchia della Chiesa, vuole a mio parere dirci l’autore, è voluta da Dio perché necessaria alla natura umana, che corrotta dal peccato, tende sempre a voler affermare se stessa e così disperdere i suoi talenti e le sue energie, anziché saggiamente porsi a servizio di un corpo che mediante il suo capo sapiente che è Cristo stesso, organizza e incanala talenti ed energie affinché il corpo cresca sano e bello, pronto per le nozze finali a cui lo sposo non tarderà ad arrivare una volta che la sua sposa sarà pronta. È necessario dunque distinguere tra pastori e pecore, ognuno con i loro compiti.
Su questa linea si pone G. Vignelli che rileggendo la storia si accorge di alcune similitudini con ciò che sta accadendo oggi, sul frasario che viene utilizzato quando si parla di “sinodalità”, e criticamente espone delle considerazioni denunciando la Chiesa di cedere alle lusinghe del mondo moderno, di volersi pian piano adeguare ai parlamenti si potrebbe dire, rinunciando al suo essere società gerarchica. Così l’autore: «fino a pochi decenni fa, la Chiesa militante era sempre stata qualificata come Magistra, Mater et Domina gentium, ossia come autorità designata da Dio a insegnare la Verità rivelata, generare popoli cristiani, dominare le società per guidarle al compimento della loro vocazione morale e religiosa. Invece, secondo la nuova ecclesiologia, la Chiesa del futuro dovrà subire un grave declassamento: sarà non più Magistra ma “esperta consulente” degli organismi mondiali; non più Mater ma “sorella maggiore” delle altre Chiese; non più Domina e guida ma serva del popolo e compagna degli erranti; insomma, da società di santificazione e di salvezza si ridurrà a comunità “promotrice della dignità umana”».
Un testo che parla al cuore del cattolico di oggi, disorientato dal vasto panorama socio-culturale che oggi pretende di relativizzare l’unica Verità per imporre ogni cosa, ogni suggestione, come verità voluta da Dio.

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