Il Pensiero Cattolico

18 Novembre 2024

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Ettore Gotti Tedeschi

L'Occidente in crisi non sacrifichi i valori dell'educazione: sono l'ultimo argine

Famiglia, nascite ed educazione dei figli sono un tema certamente chiave peri tempi attuali. Non è certo l’unico ma è probabilmente fra i più importanti su cui riflettere per intendere le prospettive della nostra civiltà occidentale in evoluzione drammaticamente preoccupante. Anche la figura del «capofamiglia» è in una fase evolutiva avanzata?

Nell’ansia di assicurare crescita del Pil, nelle economie occidentali, si formulano da tempo tante originali proposte.
Diciamo che ci si spreme il cervello per generare idee innovative che facciano crescere il Pil stagnante in Occidente. Ma se manca la visione d’insieme e ci si limita a elaborare idee da algoritmo, si rischia di ideare utopie. Ed essendo stati spettatori di reset utopisti che non hanno investigato le cause dei problemi ma solo operato sugli effetti (con insuccessi clamorosi), negli ultimi decenni, potremmo anche doverci preoccupare ed invitare a prudenza maggiore nel concepirli e imporli.
Ma per riuscirci si dovrebbe tornare a studiare Aristotele e San Tommaso d’Aquino…
Leggendo da decenni documenti ufficiali Onu su popolazione e nascite son sempre stupito di come venga trattato il valore della vita umana.
L’ultimo documento che ho letto (State of the world population Unfpa-Onu, novembre 2023) mi ha imposto di pormi la domanda se siamo troppi o troppo pochi (!), senza cercare di capire «dove e perché», manco fossimo cavallette o topi.
Così la naturale domanda successiva è stata: perché ci si preoccupa? Forse solo perché troppa popolazione danneggia il pianeta? Ancora oggi, dopo 50 anni, non si vuole capire che il pianeta è stato danneggiato dalla negazione di leggi naturali (ormai ignorate persino da chi dovrebbe difenderle), cioè dal crollo della popolazione solo in Occidente che ha generato iperconsumi (per compensare il crollo del Pil) e delocalizzazione low cost in Asia per far consumare di più l’Occidente.
E iperconsumi in Occidente con produzione low cost in altri Paesi hanno generato il problema ambientale. Ma, per carità! guai a dirlo. Ma in più il crollo nascite in Occidente ha anche prodotto il collasso della stessa civiltà occidentale, che oggi viene di fatto trasformata, nella definizione, in «sostenibile e inclusiva» (cioè grazie a transizione energetica e digitale).
Di fatto la civiltà auspicata pretende esseri umani che digitalmente producano, digitalmente consumino, paghino le tasse (per mantenere una burocrazia che si impone), ma non inquinino.
Come ci si riuscirà? Il documento lascia intendere che ci sono più ipotesi nel menù: «gender equality and vasectomy as empoweríng act of love» («uguaglianza di genere e vasectomia come atto di amore potenziante»). Signori stiamo ricadendo nello stessa serie di errori fatti negli ultimi 5o anni. Per correggere il ciclo economico ed illudersi di far crescere (a breve) il Pil, si commettono errori strutturali non rimediabili.
Son decenni che auspichiamo che ci si riferisca alle cause dei problemi e non solo agli effetti. Oggi si spiega che miliardi di popolazione hanno causato impatto climatico, instabilità economica, fame, povertà, insicurezza…
No! Tutto ciò è conseguenza del fatto che 5o anni fa eravamo 4 miliardi di cui 1 miliardo in Occidente e 3 miliardi nel resto-del mondo, ed oggi siamo 8 miliardi, ma sempre (circa) 1 miliardo in Occidente e 7 miliardi nel resto del mondo. Questo ha originato tutti, dico tutti, i problemi citati. Quali soluzioni propongono i nostri grandi esperti, oltre alla vasectomia?
Il rapporto Onu citato annuncia che senza eguaglianza di gender non c’è progresso («Without gender equality there is no progress». Capitolo 5, pag 145). Avrei facilmente capito che senza uguaglianza di gender non ci sarebbero libertà e, diritti, ma perché progresso?
Cosi lo spiega il report citato: «L’obiettivo dì resilienza (resilienza significa capacità di fronteggiare una crisi) non può esser raggiunto senza uguaglianza di gender».
Una recente ricerca (Silva e Klasen, 2021) ritiene di dimostrare che la ineguaglianza di gender è barriera a lungo termine alla crescita economica perché la non parità nella partecipazione alle attività lavorative genera minor produttività.
E quanto sottintende che dovrebbe lasciare perplessi. Da molti anni, in Usa soprattutto, si sostiene che per far crescere il Pil devono lavorare più donne. Il fondamento sta nel supporre che se le femmine fossero (per esempio paradossale) la metà della popolazione, ma lavorassero solo i maschi, se andassero a lavorare anche tutte loro il Pil raddoppierebbe, si risolverebbero tutti i problemi e saremmo tutti ricchi e felici.
Ma questa ipotesi si fonda sull’assunto che esista una domanda di lavoro che soddisfi il raddoppio dell’offerta di lavoro. Perché se cresce solo l’offerta, a parità di domanda, l’effetto prevedibile sarà la concorrenza nell’offerta, decrescita dei compensi, rischio di disoccupazione, crisi economica. Altroché soluzione alla crescita del Pil.
In più non essendovi dubbio che il talento femminile è molto spesso e in moltissimi campi superiore a quello maschile, potremmo persino prevedere l’effetto «sostituzione » professionale é conseguente sostituzione del ruolo di capofamiglia.
Il caso Francia è emblematico. La Francia è il Paese nella Ue con il maggior tasso di fertilità (1,8 figli a coppia versus 1,5 della media europea e poco più di 1,2 in Italia – Fonte World bank 2021). E la Francia ha il più alto tasso di donne che lavorano, per cui discende la conclusione che nei Paesi dove la donna lavora si fanno più figli e si ha crescita del Pil.
Anche se la domanda aperta è: chi alleva, educa e forma i figli? Che i maschietti si preparino…

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