Ettore Gotti Tedeschi
L'Occidente in crisi non sacrifichi i valori dell'educazione: sono l'ultimo argine
Famiglia, nascite ed educazione dei figli sono un tema certamente chiave peri tempi attuali. Non è certo l’unico ma è probabilmente fra i più importanti su cui riflettere per intendere le prospettive della nostra civiltà occidentale in evoluzione drammaticamente preoccupante. Anche la figura del «capofamiglia» è in una fase evolutiva avanzata?
Nell’ansia di assicurare crescita del Pil, nelle economie occidentali, si formulano da tempo tante originali proposte.
Diciamo che ci si spreme il cervello per generare idee innovative che facciano crescere il Pil stagnante in Occidente.
Ma se manca la visione d’insieme e ci si limita a elaborare idee da algoritmo, si rischia di ideare utopie. Ed essendo stati spettatori di reset utopisti che non hanno investigato le cause dei problemi ma solo operato sugli effetti (con insuccessi clamorosi), negli ultimi decenni, potremmo anche doverci preoccupare ed invitare a prudenza maggiore nel concepirli e imporli.
Ma per riuscirci si dovrebbe tornare a studiare Aristotele e San Tommaso d’Aquino…
Leggendo da decenni documenti ufficiali Onu su popolazione e nascite son sempre stupito di come venga trattato il valore della vita umana.
L’ultimo documento che ho letto (State of the world population Unfpa-Onu, novembre 2023) mi ha imposto di pormi la domanda se siamo troppi o troppo pochi (!), senza cercare di capire «dove e perché», manco fossimo cavallette o topi.
Così la naturale domanda successiva è stata: perché ci si preoccupa? Forse solo perché troppa popolazione danneggia il pianeta? Ancora oggi, dopo 50 anni, non si vuole capire che il pianeta è stato danneggiato dalla negazione di leggi naturali (ormai ignorate persino da chi dovrebbe difenderle), cioè dal crollo della popolazione solo in Occidente che ha generato iperconsumi (per compensare il crollo del Pil) e delocalizzazione low cost in Asia per far consumare di più l’Occidente.
E iperconsumi in Occidente con produzione low cost in altri Paesi hanno generato il problema ambientale.
Ma, per carità! guai a dirlo. Ma in più il crollo nascite in Occidente ha anche prodotto il collasso della stessa civiltà occidentale, che oggi viene di fatto trasformata, nella definizione, in «sostenibile e inclusiva» (cioè grazie a transizione energetica e digitale).
Di fatto la civiltà auspicata pretende esseri umani che digitalmente producano, digitalmente consumino, paghino le tasse (per mantenere una burocrazia che si impone), ma non inquinino.
Come ci si riuscirà?
Il documento lascia intendere che ci sono più ipotesi nel menù: «gender equality and vasectomy as empoweríng act of love» («uguaglianza di genere e vasectomia come atto di amore potenziante»).
Signori stiamo ricadendo nello stessa serie di errori fatti negli ultimi 5o anni. Per correggere il ciclo economico ed illudersi di far crescere (a breve) il Pil, si commettono errori strutturali non rimediabili.
Son decenni che auspichiamo che ci si riferisca alle cause dei problemi e non solo agli effetti. Oggi si spiega che miliardi di popolazione hanno causato impatto climatico, instabilità economica, fame, povertà, insicurezza…
No! Tutto ciò è conseguenza del fatto che 5o anni fa eravamo 4 miliardi di cui 1 miliardo in Occidente e 3 miliardi nel resto-del mondo, ed oggi siamo 8 miliardi, ma sempre (circa) 1 miliardo in Occidente e 7 miliardi nel resto del mondo.
Questo ha originato tutti, dico tutti, i problemi citati. Quali soluzioni propongono i nostri grandi esperti, oltre alla vasectomia?
Il rapporto Onu citato annuncia che senza eguaglianza di gender non c’è progresso («Without gender equality there is no progress». Capitolo 5, pag 145). Avrei facilmente capito che senza uguaglianza di
gender non ci sarebbero libertà
e, diritti, ma perché progresso?
Cosi lo spiega il report
citato: «L’obiettivo dì resilienza
(resilienza significa capacità
di fronteggiare una crisi)
non può esser raggiunto senza
uguaglianza di gender».
Una recente ricerca (Silva e
Klasen, 2021) ritiene di dimostrare
che la ineguaglianza di
gender è barriera a lungo termine
alla crescita economica
perché la non parità nella partecipazione
alle attività lavorative
genera minor produttività.
E quanto sottintende che
dovrebbe lasciare perplessi.
Da molti anni, in Usa soprattutto,
si sostiene che per
far crescere il Pil devono lavorare
più donne. Il fondamento
sta nel supporre che se le femmine
fossero (per esempio paradossale)
la metà della popolazione,
ma lavorassero solo i
maschi, se andassero a lavorare
anche tutte loro il Pil raddoppierebbe,
si risolverebbero
tutti i problemi e saremmo
tutti ricchi e felici.
Ma questa
ipotesi si fonda sull’assunto
che esista una domanda di lavoro
che soddisfi il raddoppio
dell’offerta di lavoro. Perché
se cresce solo l’offerta, a parità
di domanda, l’effetto prevedibile
sarà la concorrenza nell’offerta,
decrescita dei compensi,
rischio di disoccupazione,
crisi economica. Altroché
soluzione alla crescita del
Pil.
In più non essendovi dubbio
che il talento femminile è
molto spesso e in moltissimi
campi superiore a quello maschile,
potremmo persino
prevedere l’effetto «sostituzione
» professionale é conseguente
sostituzione del ruolo
di capofamiglia.
Il caso Francia
è emblematico. La Francia
è il Paese nella Ue con il maggior
tasso di fertilità (1,8 figli a
coppia versus 1,5 della media
europea e poco più di 1,2 in
Italia – Fonte World bank
2021).
E la Francia ha il più alto
tasso di donne che lavorano,
per cui discende la conclusione
che nei Paesi dove la donna
lavora si fanno più figli e si ha
crescita del Pil.
Anche se la
domanda aperta è: chi alleva,
educa e forma i figli? Che i
maschietti si preparino…