Don Enrico Finotti
"La disciplina liturgica"
La nostra rivista Liturgia culmen et fons ha trattato di una questione grave e di sempre più urgente considerazione: la disciplina liturgica.
Infatti sembra che il dettato conciliare, che nella Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium si esprime con queste precise parole:
… Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica (SC 22).
sia largamente sconosciuto e quindi disatteso, anzi pare che da alcuni sia ormai ritenuto inadeguato e del tutto superato in nome di una creatività libera, relativa ai mutevolissimi contesti ‘pastorali’ in cui si celebra. Da ciò la confusione liturgica in cui versa una larga parte delle comunità cristiane, ma soprattutto il danno di una mentalità libertaria ormai pervasiva nel tessuto ecclesiale.
L’articolo di fondo della suddetta Rivista, corredato dalle successive integrazioni nelle risposte al lettore, richiede alcune considerazioni previe, che qui esponiamo.
1. Per ritus et preces (SC 48)
Con la breve locuzione per ritus et preces la Chiesa riconosce la necessità intrinseca della disciplina liturgica per l’identità stessa del culto cattolico, che non può realizzarsi in una libera creatività soggettiva, ma deve sottostare al rigore di preci precise e riti ben definiti.
Se ben si pensa l’espressione per ritus et preces non fa che ricondurre ad altre analoghe e ben note locuzioni: gli eventi e le parole che costituiscono la storia della salvezza (DV 2); la materia e la forma dei Sacramenti; le rubriche e i testi dei libri liturgici, ma ancor più in radice il gesto e la parola del linguaggio umano.
Come non è possibile prescindere da queste leggi della comunicazione, basate sull’indissolubile legame tra il gesto e la parola, che lo definisce ed interpreta, così non è concesso di poter celebrare un culto liturgico vero e pieno, senza l’apporto congiunto dei riti e delle preci.
A questa legge si sottopose il Signore che, mediante l’Incarnazione, assunse il linguaggio umano con gesti e parole intimamente connessi. La liturgia infatti attualizza continuamente quei gesti salvifici e quelle parole di grazia, che il Kyrios, ora nel suo corpo glorificato, pone e pronunzia nell’‘Oggi’ del nostro tempo.
2. Il Soggetto della liturgia
Qual è il soggetto agente nelle azioni liturgiche? Dalla risposta a questa domanda dipende la promozione o la dissoluzione dell’intero complesso liturgico.
La risposta è inequivocabile: la liturgia ha come Soggetto Cristo Gesù, indissolubilmente unito alla Chiesa, sua sposa. Ogni atto liturgico è perciò un atto di Cristo e della Chiesa. Questo distinto ed inscindibile Soggetto stabilisce i riti e le preci. Nessun altro potrà creare o mutare quei riti e quelle preci che ha stabilito direttamente il Signore o che nel suo nome avrà stabilito la Chiesa.
Se si accetta questa verità, si libera la mente da ogni tentazione di voler creare un culto soggettivo conforme alle sensibilità effimere delle persone e delle contingenze. La Chiesa sa che soltanto il culto del Figlio unigenito e della Chiesa sua sposa gode dell’accesso alla maestà divina ed ottiene il balsamo della santificazione. Il fedele ben formato sa che la sua preghiera individuale ha un unico accesso a Dio, quello di fondersi umilmente nell’unico culto valido ed efficace, quello di Cristo e della Chiesa. Qui sta il segreto profondo della actuosa participatio (SC 11) alla liturgia.
In tal senso emerge il carattere teocentrico della liturgia e decade la sua mistificazione nell’antropocentrismo imperante.
Coloro che hanno compreso questa verità accettano di buon grado la disciplina liturgica, perché sanno che in tal modo ricevono il pensiero di Cristo e offrono un culto autentico in mistica unione con la preghiera del sommo nostro Sacerdote, che officia perennemente sull’altare celeste.
3. La Tradizione liturgica
Allo stesso modo che noi veniamo a contatto col depositum fidei, consegnato una volta e per sempre agli Apostoli e trasmesso di generazione in generazione nella perenne Tradizione apostolica, riceviamo pure dalla medesima Tradizione il depositum gratiae, ossia quel culto immacolato che il Signore ha consegnato alla sua Chiesa perché glorifichi la Trinità divina con il medesimo culto, puro e santo, che fu il Suo qui sulla terra ed ora arde perenne sull’altare d’oro del Cielo.
La Tradizione è dunque intrinseca alla liturgia cattolica, al punto che, fuori di questa, si esce dal contatto vivo col flusso soprannaturale della Grazia, che pervade unicamente il culto del Figlio di Dio, incarnato e glorificato.
Come non è possibile aggiungere alcunché alla divina Rivelazione dopo la sua chiusura con la morte dell’ultimo Apostolo, così non è possibile ricreare o modificare oggi la liturgia su basi umane ed effimere. Il dogma della fede e la sostanza della liturgia sono perenni e si attingono unicamente con la recezione fedele della loro forma nella continuità della Tradizione apostolica.
Il rigetto della Tradizione è dunque il rigetto di Cristo, che dalla Tradizione ci è consegnato e nella Tradizione opera nel tempo la sua azione santificante. Lo Spirito Santo stesso interviene soltanto lì dove è annunziato ed opera il Logos ed agisce sempre in conformità a quel depositum fidei et gratiae, che il Signore Gesù Cristo ci ha consegnato una volta e per sempre nella pienezza del tempo della sua vita sulla terra.
In tale senso si deve intendere il carattere tradizionale della liturgia.
Ogni sviluppo liturgico è legittimo se nella fedeltà al depositum apostolico e ogni apporto nei secoli deve esibire la sua conformità ad esso. Effettivamente grande fu lo sviluppo della liturgia cattolica, ma soltanto nella linea di quella verità più piena e di quella esplicitazione coerente suscitate dallo Spirito Santo nel cammino della Chiesa verso il compimento definitivo.
Tali apporti, vagliati dal Magistero autentico della Chiesa, rappresentano tappe imprescindibili nell’organismo vivo della liturgia e, nella loro più intima sostanza (SC 21), non possono regredire, ma solo ricevere una maggior purificazione in vista di una più splendida maturazione.
Ed ecco che il monumentum secolare della disciplina liturgica, nella complessità e nell’ordine dei suoi ingredienti, definisce con rigore, conserva con cura e difende con ardore la presenza, il pensiero e il culto del Kyrios, immolato e glorioso.
Fatte queste tre considerazioni previe vi invitiamo alla lettura e alla riflessione sul tema della disciplina liturgica, offerto nella rivista Liturgia culmen et fons (n. 3 del 2022 qui in allegato).