Il Pensiero Cattolico

24 Novembre 2024

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
24 Novembre 2024

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Eleonora Casulli

LA DONNA NEL GIUDEO-CRISTIANESIMO E NELLA CHIESA CATTOLICA

MASCHILE E FEMMINILE IN GENESI 1, 27

Nel mio primo intervento sulla tematica inerente alla «questione femminile» in relazione al Cristianesimo e alla Chiesa, avevo esplicitato che, proprio perché le accuse e le mistificazioni rivolte alla religione e alla istituzione partono da «problematiche» percepite come radicali, è necessario andare alla radice e, quindi, partire dalla Genesi. Così, dopo aver parlato delle donne prime testimoni del Risorto nel precedente intervento, mi accingo a ripartire dal principio.

Genesi 1, 26 recita: “E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra»”. Genesi 1, 27 recita: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”. Mi preme ricordare inizialmente (e non me ne vogliano i lettori più addentrati) che i racconti della creazione contenuti nella Genesi vanno interpretati in modo allegorico e simbolico, non letterale: essi non presentano verità storico-cronologiche o scientifiche, bensì, attraverso un racconto senza tempo (il mito) ricco di immagini, simboli e metafore, dispiegano e veicolano verità profonde e immutabili su Dio, sul cosmo e sull’uomo (inteso come essere umano)[1].
Solo tali verità ultime e immutabili costituiscono l’oggetto della fede dei credenti, non il racconto dal quale vengono tratte. In Genesi 1, 26 la parola «uomo» nell’originale ebraico è «adam», scritto senza articolo, per cui va considerato un nome collettivo che indica la razza umana, l’umanità, ogni uomo sulla Terra, unica creatura fatta simile (a nostra immagine) al Creatore ma non del tutto uguale a Lui (a nostra somiglianza) in quanto, appunto, creatura. L’assoluta importanza di questo versetto è dovuta al fatto che “la verità rivelata sull’uomo come «immagine e somiglianza di Dio» costituisce l’immutabile base di tutta l’antropologia cristiana”[2], concetto che va tenuto sempre presente, poiché nel giudeo-cristianesimo rappresenta ciò che essenzialmente accomuna tutti gli esseri umani, di ogni tempo, luogo, condizione.
Al versetto 27 le parole «maschio» e «femmina» sono rese con «zakar» (letteralmente «il puntuto») e «neqebah» (letteralmente «la perforata»), il che potrebbe far pensare a una caratteristica esterna dell’essere, non così essenziale. In realtà, è l’andamento stesso della frase che ci fa capire altro: l’insistenza nel ripetere sia il verbo “creò”, sia “a sua immagine, a immagine di Dio”, prima di concludere con “maschio e femmina” serve a farci capire che sta proprio nell’essenza della creatura-uomo essere a immagine del Creatore in quanto maschio e femmina[3]. Il maschile e il femminile proprio in virtù delle reciproche differenze costituiscono quel tutto che è l’immagine del Creatore, non sono un «di più» rispetto all’essere esseri umani (in filosofia dovremmo dire che non sono accidenti, bensì limiti costitutivi dell’essere). La ripetizione «essere esseri» è da me voluta, a sottolineare che la teoria gender e quelle affini, tanto diffuse ormai nel mondo occidentale, si basano proprio sull’opposto: la femminilità/mascolinità non sono considerate caratteristiche dell’essere umano in quanto tale, bensì abitudini dettate dall’ambiente e dall’educazione che diventano identitarie o, peggio, sono ritenute orpelli, quasi come un vestito che può essere cambiato quando se ne ha voglia[4]. Questo mi spinge a un’ulteriore considerazione.
Dire che l’essere maschio e femmina fa parte dell’essenza dell’essere umano, la quale essenza reca l’impronta indelebile dell’immagine e somiglianza divina, significa dare un eguale nonché altissimo grado di dignità sia al maschile, sia al femminile; affermare il contrario, invece, toglie questa dignità tanto alla femminilità, quanto alla mascolinità. Questo ragionamento ci aiuta a capire quanto infondate, falsate e ideologicamente mistificate siano le affermazioni di chi attribuisce proprio al substrato culturale del giudeo-cristianesimo, al diffondersi della religione cristiana e all’azione della Chiesa nella società il dislivello nella dignità e nei diritti delle donne rispetto agli uomini, a favore di questi ultimi.
In realtà è proprio l’opposto! Il giudeo-cristianesimo ha introdotto nel mondo la novità assoluta della pari dignità sostanziale, che nel mondo pagano oggi tanto rimpianto e idealizzato non esisteva! Noi che, per grazia e senza meriti, riusciamo a cogliere tutto ciò, abbiamo il dovere di documentarci sempre meglio e non temere di difendere queste verità davanti al mondo che tanto le stravolge.
Non si può negare che nella storia ci siano state delle storture in ordine allo sbilanciamento della dignità e dei diritti a favore del mondo maschile, sia nel giudaismo sia nell’era cristiana; ma tali storture andrebbero considerate come tali e attribuite alle circostanze storico-culturali delle varie epoche e, in ultima analisi, all’imperfezione e fallibilità dell’essere umano corrotto dal peccato; è un grave errore considerare come causa diretta di queste deviazioni la sostanzialità del messaggio cristiano e la visione dell’uomo propria del giudeo-cristianesimo, agita dalla Chiesa per oltre duemila anni. Anche questo siamo chiamati a comprendere sempre meglio e a riaffermare con forza.
Nei prossimi appuntamenti approfondiremo gli altri passi della Genesi che ho elencato nel mio primo intervento.

___________________________________________________________________________

[1] Cfr. G. Cappelletto, In cammino con Israele. Introduzione all’Antico Testamento – I, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2006, p. 110-111.
[2] Mulieris Dignitatem n. 6

[3] Cfr. G. Cappelletto, In cammino con Israele…, p. 128.
[4] “Io non so mai chi sono eppure sono io/Anche se oltre il vetro per me non c’è mai un dio/Ma questo qui è il mio corpo benché cangiante e strano/Di donna dentro un uomo eppure essere… umano”. Ritornello del brano “Io sono una finestra”, di Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi (in arte Platinette), in gara al Festival di Sanremo del 2015.

Testo completo: https://www.vanityfair.it/show/musica/15/02/10/festival-sanremo-2015-grazia-di-michele-e-mauro-coruzzi-io-sono-una-finestra-testo?refresh_ce=

Videoclip ufficiale (davvero eloquente): https://www.youtube.com/watch?v=ubhMk0FFPU4

...articoli recenti

Lascia un commento

Scroll to Top